LO STATUS DEI BAHÁ'Í
IN IRAN
A seguito della rivoluzione islamica
in Iran, ogni anno dozzine di bahá'í sono stati condannati a morte e
centinaia perseguitati, imprigionati e torturati. Unitamente alle risoluzioni
annuali della Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e
dellAssemblea Generale delle Nazioni Unite che condannano il
trattamento riservato ai Bahá'í da parte della Repubblica Islamica,
vi sono state azioni da parte di numerosi governi del mondo che censurano
il regime iraniano e hanno contribuito a dissuaderlo dal continuare la
sanguinosa persecuzione messa in atto nei confronti della comunità
Bahá'í iraniana.
Lo status della comunità
bahá'í iraniana è fra
i più ambigui. Definiti come "infedeli non protetti" i
quasi 300.000 membri
della Fede Bahá'í non hanno alcun diritto legale. Uccidere un
bahá'í non costituisce
reato di omicidio. Un bahá'í non può stendere un contratto
di qualsiasi tipo,
ereditare, essere impiegato statale, riscuotere la pensione
guadagnata attraverso una vita
di lavoro o frequentare università. I Bahá'í sono
costantemente in pericolo, possono
essere imprigionati e le loro proprietà personali essere
confiscate. Un codice segreto
pubblicato nel 1993 dalla Commissione delle Nazioni Unite per i
Diritti Umani conferma che
la persecuzione dei bahá'í fa parte di un preciso programma
politico della Repubblica
Islamica dellIran. Redatto dal Supremo Consiglio Culturale
Rivoluzionario
dellIran e avallato dal capo del governo, lAyatollah
Khamenei, il codice
segreto in questione indica le linee dazione per trattare la
"questione dei
Bahá'í" in modo che "venga bloccato lo sviluppo ed
il progresso dei
Bahá'í".
Esecuzioni, condanne
a morte e prigionie
Dal 1979 più di 200
bahá'í sono stati uccisi e
15 fra i più eminenti bahá'í sono scomparsi e
presumibilmente sono morti. A
tuttoggi 15 bahá'í sono imprigionati a causa del loro
credo religioso. Quattro di
essi sono condannati a morte, due con laccusa di apostasia. A
questi si aggiunge la
notizia dellesecuzione del Sig. Ruhullah Rawhani,
avvenuta il 21 luglio 1998.
In molte parti del paese si registrano arresti arbitrari. Nel corso
degli ultimi tre anni,
200 bahá'í sono stati trattenuti in arresto per periodi che
variano da 48 ore a sei
mesi, in città quali Yazd, Esfahan, Semnan, Babol, Kermanshah,
Mashad, Shiraz, Tankabon,
Ahvaz, Kerman, Karaj e Tehran.
E risultato chiaro che
le autorità della
Repubblica Islamica dellIran hanno deciso di adottare una
strategia che concentra
lattenzione su varie comunità bahá'í, una dopo
laltra, in varie parti della
nazione in modo da esercitare una pressione volta
allintimidazione e a soffocare la
vita spirituale dei membri della comunità
bahá'í.
Attualmente la provincia del
Khorasan, la cui
capitale è Mashad, è diventata il fulcro della suddetta
strategia. Dei 16 Bahá'í
attualmente in prigione, 10 provengono dal Khorasan e di quei dieci,
sette sono di Mashad.
Il Sig. Ruhullah Rawhani era della città di
Mashad.
Recenti avvenimenti
del Khorasan
Il 1 maggio 1998 le
autorità del Khorasan hanno
circondato e razziato labitazione di una famiglia bahá'í
dove si tenevano delle
classi per giovani. Linsegnante, la Sig.ra Sonia Ahmadi, ed il
proprietario della
casa, il Sig. Manouchehr Ziai, assieme a dodici studenti di 15 e 16
anni, sono stati
arrestati e trattenuti in prigione per una settimana. Sono stati
repentinamente condannati
senza neanche aver potuto consultare un avvocato. La Sig.ra Ahmadi
ed il Sig. Ziai sono
stati condannati a tre anni di carcere mentre i dodici studenti sono
stati rilasciati
sulla parola, comunque con la sentenza, malgrado la loro età, a 5
anni di carcere nel
caso in cui vengano colti a perpetrare il "crimine" di
partecipare a classi
bahá'í per leducazione morale.
A Birjand il Sig.
Jamaleddine Hajipur e il Sig.
Mansur Mehrabi (conosciuto con Mansur Mehrabkhani) sono stati
arrestati lo scorso anno
senza accuse nei loro confronti e condannati a due anni di prigione
e alla confisca dei
loro beni. Si sono appellati ma la Corte dAppello ha rimandato
il caso confermando
la sentenza della corte inferiore ed emettendo lo strabiliante
verdetto che il
"Bahaismo è riconosciuto come unorganizzazione
illegale" ridicolizzando
quindi la pretesa del Governo della Repubblica Islamica che ai
Bahá'í viene concesso il
diritto di osservare il loro credo religioso.
Il verdetto menziona il
fatto che i due
"hanno regolarmente organizzato classi sulla "Vita
Bahá'í" adducendo che
tali attività sono una prova di atteggiamento criminale,
includendo laccusa di
"spionaggio" per lo Stato dIsraele. Sbalordisce il
fatto che il giudizio
della Corte accetta come prova di attività illegale azioni quali
il tenere delle classi
per giovani bahá'í in lingua inglese su temi quali la scienza
e la tecnologia. Si legge
nel verdetto, senza alcun imbarazzo da parte delle autorità
giuidiziarie iraniane, che i
due uomini facevano questo allo scopo di "aumentare il livello
educativo di studenti
bahá'í e delle loro famiglie". Il contesto nel quale si
deve leggere la decisione
della corte riguarda la decisione da parte del governo iraniano di
escludere i bahá'í da
qualsiasi livello di istruzione superiore solo a causa del loro
credo religioso.
Non vi sono stati
cambiamenti con
lelezione del Presidente Khatami
Ai Bahá'í è stato
chiesto se vi sono stati
cambiamenti nellatteggiamento del governo nei confronti dei
cittadini iraniani di
religione bahá'i dal momento in cui è stato eletto alla
presidenta Khatami.
Malgrado speranze iniziali,
purtroppo avvenimenti
come quelli appena descritti dimostrano che non vi è stato nessun
sensibile
miglioramento. I recenti avvenimenti di Mashad dimostrano proprio il
contrario:
unintensificazione degli sforzi per terrorizzare e intimidire
la comunità!
Non è facile per una
mente occidentale
comprendere perché un regime che da un lato gradualmente accetta
un pluralismo politico e
sociale, dallaltro si impegna nel voler sopprimere una
minoranza apolitica che non
mette in pericolo nessuno o comprendere perché altre voci dello
spettro politico iraniano
non si levano a garantire un minimo rispetto dei diritti civili dei
cittadini iraniani di
religione bahá'í.
La spiegazione viene data
dalla sinistra
interazione fra opportunismo politico e pregiudizio religioso
inveterato che caratterizza
tutti gli aspetti della questione.
La situazione attuale deve
essere esaminata nel
contesto della natura particolare della persecuzione alla quale la
comunità bahá'í è
sempre stata sottoposta per più di un secolo. Varie fazioni hanno
spesso usato la
comunità bahá'í iraniana come capro espiatorio per i loro
scopi politici. E
sempre stato così, al di là di cambiamenti nel regime politico
o nel sistema dinastico.
Qualora i politici abbiano avuto bisogno di stornare
lattenzione del pubblico da
alcuni problemi sociali, economici o politici, hanno avuto a
disposizione la comunità
bahá'í come facile bersaglio a causa dellostilità
insensata e dei pregiudizi
inculcati fra la gente da decenni di propaganda
teologica.
Solo poche settimane fa
lagenzia di stampa
nazionale dellIran ha diffuso una dichiarazione fatta nel 1986
dalla prestigiosa
Università di El Azhar del Cairo, fra le più importanti
istituzioni educative del mondo
islamico, in cui si afferma che "un musulmano che accetta la
Fede Bahá'í verrà
considerato apostata". Lagenzia di stampa precisa che la
Fede Bahá'í è falsa
e che non ha niente a che fare con lIslam o perfino con
lEbraismo o il
Cristianesimo.
Allinizio di
questanno, un comitato di
alti teologi dellArabia Saudita ha emesso una fatwa o
"decreto" che
ripudia "il concetto di unità delle religioni" e
rigetta lidea che
religioni diverse fra di loro possano convivere come eguali. La
fatwa stabilische che
"non esiste nessuna vera religione eccetto lIslam. Tutte
le precedenti
Rivelazioni sono state abrogate e quelle genti che seguono altre
religioni che non sia
quella islamica, non sono accette agli occhi di Dio". Andando
avanti "Maometto
è lultimo Profeta, e non cè nessun altro Profeta
dopo di Lui, che è il
Profeta per lintera razza umana".
Il credo che Maometto sia
lultimo profeta di
Dio e che con Lui si chiude il ciclo della Rivelazione sta alla base
della continua
persecuzione dei Bahá'í in Iran, malgrado il fatto che la loro
Fede riconosca
lorigine divina dellIslam e delle altre religioni. Il
Governo dellIran
ha ripetutamente detto che la Fede Bahá'í non è una
religione ma una cospirazione
politica. Solo il riconoscimento della Fede Bahá'í come
religione sarebbe quindi in
linea con principi dellIslam così come sono stati compresi
dalle sue gerarchie
ecclesiastiche.
E essenziale
che continui la
pressione internazionale per la protezione della comunità
Bahá'í
In definitiva, non risulta
nessun evidente
cambiamento nella politica iraniana nei confronti della minoranza
bahá'í. Ai Bahá'í
dellIran si continua a negare il lavoro, leducazione,
laccesso a molti
dei servizi dello stato e tutto questo unicamente a causa del loro
credo religioso. Sono
dei fuori legge e non sono protetti dalla costituzione. I loro beni
e le loro abitazioni
sono espropriati arbitrariamente. Si continua a metterli in prigione
e sono maltrattati
solo allo scopo di far rinnegare loro la loro Fede per convertirli
allIslam. Non vi
è nessuna testimonianza che il codice segreto adottato dal
Supremo Consiglio Culturale
Rivoluzionario per il sistematico smantellamento della Comunità
Bahá'í sia stato
abrogato o ritirato.
La risoluzione del 1997
dellAssemblea
Generale delle Nazioni Unite richiedente lemancipazione della
comunità bahá'í
iraniana, offre la più completa espressione di ciò che la
comunità internazionale si
aspetta dalla autorità iraniane. Qualunque rilassamento nella
pressione sul caso dei
Bahá'í o qualsiasi omissione di riferimento nelle risoluzioni
delle Nazioni Unite
avrebbe leffetto inevitabile di incoraggiare la concorrenza
fra le varie fazioni del
regime iraniano nel dimostrare la loro determinazione nello
sradicare "leresia
bahá'í". Il risultato sarebbe quello di annullare i
successi della comunità
internazionale, prima di tutto della Comunità Europea, nella sua
azione di proteggere gli
oppressi bahá'í da ulteriori pesanti forme di
persecuzione.
Non sono le azioni dei
Bahá'í, ma le circostanze
della storia iraniana che hanno reso "il caso
Bahá'í" la prova del nove della
sincerità delle figure al governo della Repubblica Islamica
dellIran desiderose di
presentarsi come voci di riforma e progresso.
Ci appelliamo ai governi di
tutte le nazioni e
soprattutto al nostro, affinchè continuino a difendere, fra le
loro attività principali,
la causa dei diritti umani e della libertà di religione in tutto
il mondo.
Assemblea Spirituale Nazionale dei
Bahá'í dItalia
©Copyright 1998, Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá'í
dItalia
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